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Great Resignation e Quite Quitting sono fenomeni caldi che fanno pensare a un momento di ripensamento sul valore del lavoro. E allora è possibile riportare al centro le persone e parlare di umanesimo in azienda?

 

C’è una ricerca di senso che non possiamo sottovalutare e per questo in Flexx Academy Business School abbiamo pensato di affidare a Chiara Pierobon, formatrice, mentore e ideatrice del Metodo R, l’ideazione di un percorso che aiuta i professionisti illuminati a diventare più consapevoli.

Le persone felici lavorano con gioia, raggiungono traguardi professionali sempre più soddisfacenti e contribuiscono alla crescita delle aziende in cui lavorano.

E allora, perché non partire da qui? Barbara Reverberi, mentore gentile e podcaster ha fatto qualche domanda a Chiara per Flexx Voice, il podcast prodotto da Flexx Media, sui contenuti del suo Humanistic Lab per raccontarvi cosa c’è dietro.

 

 

1) Chiara, per prepararmi al nostro incontro ho letto alcuni tuoi contenuti e studiato il tuo progetto. Mi hanno colpito due parole: business e autenticità. Come si conciliano davvero?

Penso che l’autenticità sia la chiave per il successo in qualsiasi progetto, tanto più se il progetto è professionale. Quanto più uno è autentico, tanto più il suo operato o il suo messaggio è incisivo e d’impatto.

In un momento in cui siamo sovraesposti nei social, in un momento in cui tutti noi recitiamo inconsapevolmente delle parti, è importantissimo essere fedeli alla propria natura, per risultare autentici.

Autenticità con se stessi, autenticità con gli altri.

Le aziende per le quali lavoro hanno capito l’importanza di questo aspetto e puntano molto a rapporti professionali autentici.

 

2) Il fattore H(uman) al centro dell’impresa: perché è così importante? Può davvero fare la differenza?

In un momento di massima espansione della tecnologia, paradossalmente il fattore umano sta acquisendo sempre maggior importanza. 

Ad uno sviluppo esteriore, è importante associarne uno interiore: dopo l’industria 4.0, auspichiamo un ritorno dell’Umanesimo, un Umanesimo 3.0.

L’uomo al centro per davvero, non solo nei social, ma anche nella quotidianità. L’uomo del futuro dovrà confrontarsi con questa sfida: egli è chiamato a portare lo stesso progresso che ha raggiunto all’esterno anche all’interno di se stesso. 

Fatturato sì, ma come conseguenza di un benessere interiore raggiunto.

 

3) Hai ideato, secondo il tuo Metodo R, l’Humanistic Lab: in cosa consiste?

Partiamo dal nome: Laboratorio. La parola deriva dal latino labor, che significa fatica. 

Il Laboratorio è un luogo dove si apprendono delle nozioni che vengono poi “lavorate” e messe in pratica: questo è il segreto della trasformazione. Perché se è vero che i corsi formano, è altresì vero che sono i percorsi che trasformano.

Umanistico: nel laboratorio impareremo com’è fatto un essere umano, analizzando i tre cervelli e i quattro temperamenti. Praticamente costruiremo una mappa all’interno della quale muoverci per comunicare in maniera consapevole. Ci focalizzeremo poi sull’ascolto attivo e sull’osservazione cosciente: due componenti fondamentali per capire realmente gli altri e per comunicare di conseguenza in maniera efficace (la consapevolezza porta al risultato).

L’ultimo incontro sarà in presenza e sarà esperienziale: porteremo la teoria nella carne! Non ho dubbi che sarà molto divertente.

 

4) Per chi è pensato Humanistic Lab?

Il laboratorio Umanistico è studiato per quei Professionisti ed Imprenditori che hanno capito l’importanza dell’aspetto umano nel loro business. Che sia per ottimizzare i profitti o per motivi inerenti a un percorso di crescita interiore, questi Professionisti (che io definisco Illuminati) non si accontentano di padroneggiare l’aspetto tecnico del loro lavoro, ma vogliono di più. 

Questo Laboratorio è per quelle persone che vogliono diventare maestre nella comunicazione interpersonale. Colui che capisce chi ha di fronte, conosce il modo di creare rapporti emozionali duraturi nel tempo. Questo è fondamentale per un business di successo.

 

 

5) Hai un consiglio da dare a chi ci ascolta per cominciare a pensare in modo nuovo?

Per pensare in modo nuovo bisogna essere in modo nuovo. Un buon punto di partenza è cercare di essere più presenti a se stessi durante il giorno. 

Cosa significa questo? Beh, innanzitutto significa allenarsi ad arrestare il flusso di pensieri e cominciare ad essere consapevoli di chi ci sta intorno.

Noi viviamo sempre dentro al testa, soffocati da mille pensieri. Dobbiamo allenarci ad ascoltare di più, ad osservare di più e a parlare di meno. In altre parole fermarsi.

Dobbiamo imparare a fermarci (soprattutto interiormente): questo crea consapevolezza e cambia la visione di molte cose. È un buon inizio.

Grazie a Chiara per averci raccontato un po’ del suo percorso in Flexx Academy Business School.

 

Continua a seguirci per scoprire il Corso HUMANISTIC LAB a breve online.

 

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Progetto editoriale Flexx Group:

Titolo: “La cultur del feedback”

Produzione & Redazione: Flexx Media

Autori: Barbara Reverberi, Chiara Pierobon

Editing: Barbara Reverberi 

Executive Director: Francesco Muscò